Il “green packaging”

Riciclo PE

Negli ultimi tempi riceviamo frequenti richieste per la progettazione d’imballaggi “green”, ecologici, non meglio identificati.
Quali specialisti nel settore dell’imballaggio protettivo espanso nel rispondere a queste domande, vorremmo fare qui un po’ di chiarezza.

Sappiamo che la principale preoccupazione di tutti noi è la diffusione delle micro plastiche nell’ambiente, timore che deriva dalla resistenza all’invecchiamento, che richiede anche centinaia d’anni per la loro totale degradazione.

Le industrie produttrici di materie prime hanno da tempo individuato polimeri di origine vegetale in grado di degradarsi rapidamente, come già avviene con i sacchetti dell’umido, realizzati con una bioplastica compostabile il cui processo di decadimento è svolto da microorganismi, che nel processo liberano acqua, anidride carbonica e metano. Per inciso, si definisce “bioplastica” perché non di origine fossile (petrolio) bensì di origine vegetale, ovvero di base biologica.

Oltre che per i sacchetti, questo tipo di plastica, può essere utilizzata anche nella produzione di prodotti monouso come piatti, bicchieri e stoviglie. Putroppo però sono inutilizzabili nella produzione dei nostri imballaggi protettivi, perché incompatibili con le tecniche di espansione delle plastiche di cui sono composti.

Nel tentativo di superare l’ostacolo, l’industria chimica ha individuato altri polimeri di derivazione vegetale (canna da zucchero, bambù, alghe, sottoprodotti delle barbabietole, cardo ed altri) adatti alle nostre tecnologie. Si tratta però di soluzioni che pur accelerandone i tempi di degradazione, non rendono queste plastiche degradabili al 100%, e non sono quindi in grado di risolvere completamente il problema dei residui di microplastiche diffuse nell’ambiente.

Inoltre, pur considerandone le minori emissioni prodotte dovute al fatto che non provengono dall’industria del petrolio, le bioplastiche richiedono terreni fertili ed acqua e si teme per questo che nel tempo possano competere e confliggere con l’agricoltura destinata all’alimentazione umana.

Queste ragioni hanno spinto la Comunità Europea a sostenere una strategia diversa, che privilegi maggiormente il sostegno all’ “economia circolare”, cioè un sistema economico pensato per riutilizzare le plastiche in successivi cicli produttivi, mantenendole in vita il più a lungo possibile. Un sistema nel quale le fasi del ciclo produttivo, dalla progettazione alla manifattura, dalla distribuzione al fine vita, siano concepite per minimizzare il consumo di energia, l’inquinamento in termini di emissioni e la produzione di rifiuti.

Una visione complessiva delle criticità ambientali che non si concentra solamente sullo smaltimento, ma che tiene conto in modo globale dell’intero ciclo di vita: dal contenimento dell’impatto ambientale in fase di progettazione delle materie prime, allo smaltimento passando attraverso tutti i possibili cicli di riuso dell’imballaggio, per terminare con il riciclaggio della plastica di cui l’imballaggio stesso è composto.

Dal 4 Luglio 2018, sono entrate in vigore le direttive europee del “pacchetto economia circolare” che modificano le precedenti su rifiuti, discariche, rifiuti elettronici, veicoli fuori uso e naturalmente sugli imballaggi. La norma prevede che gli stati membri dovranno recepirne le direttive entro il 5 Luglio 2020. Gli obiettivi della norma sono che entro il 2025 il 60% degli imballaggi dovrà essere riciclato ed il 70% entro il 2030, data entro la quale tutti gli imballaggi in plastica dovranno essere comunque riciclabili.

Quindi in caso di richieste di fornitura di imballaggi “green” ecologici, la risposta che possiamo dare ai nostri clienti è che i nostri prodotti sono già allineati con le nuove normative europee, perché il nostro Polietilene espanso estruso è al 100% rigenerabile in nuova materia prima. Che disponiamo anche di altri materiali come il Polietilene reticolato – utile quando il Packaging richiede un impatto estetico distintivo – oppure il Poliuretano per il packaging più economico, e che entrambi possono essere frantumati e riagglomerati per tornare a nuova vita nella produzione di nuovi imballaggi, totalmente in sintonia con i concetti dell’economia circolare.
Ma possiamo anche rispondere che i nostri espansi sono “ecologici” fin dall’origine, perché una parte significativa delle materie prime utilizzate per la loro produzione è già costituita da rigenerati, che derivano da scarti di lavorazione riciclati riducendo così il fabbisogno di nuova plastica.

Danilo Manieri